Non a caso, quando per il calcio italiano ero ormai finito, da Bologna in poi feci altri 7 anni ad altissimo livello. Poi dopo l’intervallo e dopo un’altra birra, con questo vento gelido che non si placa, mi tiro su e vado alla ricerca di un bagno. Poi discussero sul nome da dare al club. E vedere i miei figli indossare quella maglia nelle giovanili rossoblù mi rende felice, un bambino come loro.D’ora in poi non sarà più la stessa cosa. Quando si dice «la maglia della Juventus è pesante» significa capire che dietro quella maglia c’è una storia fatta di un palmarès ricco di successi e, quindi, questo giocatore deve essere uno degli interpreti per arrivare ancora a riportare ad ulteriori successi. Noi siamo la Juventus e il nostro obiettivo deve sempre essere quello di giocare per vincere e quando non ci riesci devi rimboccarti le maniche e continuare a lavorare. La società nacque su una panchina di corso Re Umberto (le panchine sono sempre cariche di destino, nelle vicende del calcio), luogo di riunione di questi ragazzi della buona borghesia torinese che, affascinati dell’esotico gioco appena importato dall’Inghilterra, racimolarono le sessanta lire, cifra vertiginosa, necessarie per acquistare un pallone.
Se scriviamo Juventus, intendiamo la squadra di calcio sorta nel 1897 a Torino, città incubatrice delle più grandi novità del costume italiano, dall’automobile al cinema al pallone. La Juventus era il punto di riferimento in virtù delle tre finali consecutive raggiunte dalla squadra di Marcello Lippi in quel periodo, e li abbiamo affrontati ben otto volte nel giro di sette anni. Quando si dice «il giocatore viene preso dalla Juventus» significa anche caricarlo di responsabilità. Quello dei soldatini è un marchio che ha sempre avuto la Juve e forse è anche vero. La stagione 1978-1979 fu dunque la prima a permettere alle squadre italiane, in corso d’opera, di esporre sulle proprie divise da gioco un marchio commerciale, seppur molto piccolo e riguardante unicamente il settore tecnico: in totale, 13 squadre su 16 di Serie A sfruttarono questa possibilità. Grazie alle nostre esclusive connessioni con i più grandi brand del calcio, ti offriamo un’incredibile selezione di maglie ufficiali da oltre 30 paesi e 50 campionati. Quando sono arrivato alla Juve, ero arrivato in un posto dove volevo essere, che non è una squadra di calcio, è un’azienda. Se una squadra di calcio vince tutto per settant’anni e ha alle spalle un gigante industriale, non ha bisogno di chiedere dei favori perché tutti sono pronti a farglieli, si crea un tale incantamento che i tifosi, la gente comune se ne fa un’immagine diversa e migliore di quella reale, un’immagine superiore persino alla lotta di classe, con il Togliatti juventino, e il siciliano Anastasi diventato l’idolo degli operai piemontesi del Lingotto.
A me questo tipo atteggiamento piace molto, perché tutti devono rispettare le regole. Quello della Juventus è stato il primo grande mito fuori del campo politico, sociale, ecc. che il Nord abbia offerto, oltre che a sé stesso, anche al Mezzogiorno: un tipo di mito attinente ai giusti e al costume di una moderna società di massa, per cui il Mezzogiorno era solito guardare fino allora alle cronache e al cinema americano. Lo staff di 24h intervista Andrea per raccontare un personaggio unico, che aggiunge un grande valore al Circuito con la sua personalità e la sua intraprendenza. Questa mentalità vincente, e il sacrificio per la squadra sono cose molto belle, perché vedo che tutti noi siamo pronti a dare una mano, a lavorare per il gruppo e il collettivo. Ore 13.20 – (Gazzettino) Positivo anche il giudizio di Oscar Brevi: «Anche se all’inizio eravamo un po’ in difficoltà nel breve, la squadra si è mossa bene nella fase difensiva. Ti rendi conto di esserti abituato talmente bene e di aver avuto la fortuna e bravura di giocare in un club del genere solo quando lo lasci.
Non è certamente facile lasciare una compagine del genere. Avevano tutto quello che mi piacerebbe avere nella mia squadra. Quando penso alla Juventus, questo mi riporta subito alla mente ricordi appassionati, che inducono a riflettere, del mio tempo al Manchester United durante la metà degli anni 1990, quando stavamo crescendo come squadra ed imparando tutto su come ottenere successo in Champions League. Ci siamo misurati contro di loro e considero ancora la squadra di Alessandro Del Piero, Zinedine Zidane, Alen Boksic e Didier Deschamps come la migliore che abbia mai affrontato. Se questa squadra non è una grande squadra io mi domando quali siano le grandi squadre! È una squadra che quando sente l’odore del sangue azzanna la preda, non le concede scampo. Sapevo che la Juventus era un grande club con una tradizione fantastica alle spalle, ma finché non lo vivi non ti rendi conto di quanto l’organizzazione sia perfetta e di quanto la mentalità e il temperamento siano unici.
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