La società rischia il fallimento a causa dei debiti nell’estate del 1923 e perciò, il 24 agosto, l'”Associazione Sportiva Udinese” si separa dalla “Associazione Calcio Udinese” e quest’ultima viene costretta a istituire un bilancio e un direttivo autonomi. Tutto questo non può che aver fatto gongolare Adidas, sponsor tecnico dei Blancos, società, (che si è vista attutire la spesa dalla vendita in massa di divise), e tifoseria (che può coccolarsi e ammirare l’ennesimo campione). Infine, in Ligue 1, la divisa del Psg costa 85 euro quella di Marsiglia e Lione, 80. Come si può vedere, per quanto riguarda le maglie delle grande squadre, i prezzi esteri sono mediamente più bassi di quelli italiani con differenze sostanziali a seconda di variabili quali paese, importanza della squadra e sponsor tecnico. Aumentiamone il prezzo. Una scelta simile è applicata anche al di fuori dell’Italia ma negli altri paesi d’Europa, grazie ai numerosi top players presenti nei club più importanti, i tifosi sono disposti a spendere di più pur di acquistare la divisa della propria squadra del cuore perché un Cristiano Ronaldo attira più di, con tutto il rispetto, di un Destro o Palacio qualsiasi. Non soltanto a causa degli stadi vuoti che impediscono una totale sovrapposizione tra il pathos dei tifosi e il marchio della squadra del cuore – basti pensare a una gara qualsiasi dell’Ateltico Madrid in cui la maggior parte del pubblico del Vicente Calderon va allo stadio con indosso la camiseta rigorosamente originale dei Colchoneros – ma anche per la piaga della contraffazione.

Nell’annata 2011/2012 i tifosi italiani che volevano indossare la casacca della propria squadra del cuore sono stati ben più sfortunati dei loro colleghi inglesi. Non è infatti difficile imbattersi in kit il cui prezzo oscilla tra i 30 e i 50£. Insomma, i club inglesi hanno trovato il giusto modus operandi in chiave marketing. In Premier League la divisa del Chelsea costava a inizio stagione 75 euro quella del Manchester United 66 mentre Liverpool e Arsenal applicavano un prezzo di circa 50£ (più o meno 70 euro). Ma a guadagnarci non sarà soltanto lo United perché Adidas ha calcolato un rientro di marketing potenziale conseguente all’accordo di più o meno 2 miliardi di euro. In Germania troviamo invece il colosso Bayern Monaco, anch’esso sponsorizzato Adidas: i bavaresi nella scorsa stagione sono riusciti a vendere 1,3 milioni di magliette cioè più di tutti gli altri club di Bundesliga messi insieme totalizzando un rientro economico di tutto rispetto.

Telegiornale Rai Sicilia – Per chi tifano gli arbëreshë? Chi ha lavorato come un matto per centrare un tempo, chi per dare il meglio, chi semplicemente per poterci essere. Ecco spiegata la strategia della società biancoceleste di riproporre una versione storica della maglia che, in poco tempo, ha registrato incassi elevati. Invece di puntare sugli store e rafforzare il legame tra marchio e tifoseria, sembra che in Serie A si segua una strategia deleteria. Lo sponsor tecnico investe su una società di calcio; questa, grazie ai nomi dei campioni in rosa e al brand ormai rinomato, riesce a ripagare l’accordo preso con il marchio sportivo moltiplicandone in maniera esorbitante i ricavi grazie alla vendita di ingenti quantità di magliette. A questo punto risulta facile intuire il perché di un peso sempre maggiore in chiave calciomercato degli sponsor tecnici i quali cercano di costruire un connubio, una simbiosi tra il loro brand e il nome di un campione: insomma, una sponsorizzazione nella sponsorizzazione. La squadra non riesce però a mantenere a lungo il primo posto e a marzo de Canio, a causa degli scarsi risultati fin lì conseguiti, viene esonerato e sostituito da Luciano Spalletti. La lista delle pretendenti per il prossimo gran ballo degli allenatori coinvolge il meglio del calcio italiano: Juventus, Inter, Atalanta, Milan, Roma, Lazio, Sampdoria.

Nel campionato 1926-1927 la squadra chiude all’ultimo posto in classifica, evitando la retrocessione grazie agli effetti a cascata della fondazione della Dominante, progenitrice della Sampdoria. Tuttavia è pur vero che, da tanti anni ormai, noi palermitani non sfiguriamo nel panorama calcistico italiano per cui, prescindendo dalle note questioni societarie, bisognerebbe rispettare la maglia rosanero e tifare per chi si vuole ma “anche” per la squadra della nostra città. I bianconeri terminano il campionato all’undicesimo posto, mentre in Champions League raggiungono la fase a gironi ma si classificano terzi nel gruppo C, venendo estromessi dalla competizione; sarebbe bastato un solo punto per accedere agli ottavi di finale. Un funesto presagio per la prossima stagione che solo il tempo chiarirà. In questa stagione Teofilo Sanson cede la società alla Zanussi di Pordenone e il nuovo presidente del club diventa Lamberto Mazza. Così il 28 luglio 1986 subentra a Lamberto Mazza come presidente dell’Udinese, ma la sua avventura in bianconero inizia subito in salita: infatti inizialmente Pozzo doveva essere a capo di una cordata di imprenditori friulani, ma ben presto si accorse di essere stato lasciato solo, e trova inoltre una squadra che è appena stata retrocessa in Serie B dalla giustizia sportiva a causa dello scandalo del Totonero-bis (la pena viene rivista in appello e commutata in nove punti di penalizzazione nella Serie A 1986-1987). Nonostante la penalizzazione e la quasi certa retrocessione, Pozzo va controcorrente e acquista giocatori di spessore, sia per garantire la regolarità del campionato sia per far vedere ai tifosi di avere a cuore le sorti della squadra: arrivano a Udine, tra gli altri, Francesco Graziani e Fulvio Collovati.

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